La macchina fotografica, così come la conosciamo oggi ha una storia molto antica, affonda le sue radici nell’Antica Grecia e in Aristotele anche se, le sue osservazioni, vennero meglio messe in pratica e approfondite da Alhazen Ibn Al-Haitham e alla definizione della camera obscura, una scatola con un foro, che riproduceva un’immagine capovolta.
Leonardo Da Vinci riprese il concetto e parlò di camera oscura e oculus artificialis; negli anni successivi la camera obscura viene migliorata da Gerolamo Cardano che utilizzò una lente convessa, e Daniele Barbaro che introdusse l’utilizzo del diaframma. Fu Kaspar Schott a utilizzare due cassette scorrevoli per modificare la distanza tra lente e piano su cui si forma l’immagine, e dar vita così al primo rudimentale obiettivo.
Il più grande passo in avanti viene fatto con Joseph Nicephore Niepce che dapprima si interessò della camera oscura e in seguito, grazie al suo interesse per la litografia, ottenne il suo primo “scatto”, un disegno che però, non essendo fissato, scompare lentamente al contatto con la luce. Prosegue con gli studi e unendosi a Daguerre fonda un’associazione per lo studio e il perfezionamento dei materiali fotosensibili.
Proprio Daguerre è il fondatore della dagherrotipia; il dagherrotipo è il primo vero procedimento fotografico che produce però copie singole e lo si ottiene tramite una “macchina fotografica”, costituita da una scatola di legno con un foro per la lastra di rame o un obiettivo in vetro e ottone che, nel 1840 venne migliorato da Josef Petzval, in modo che si riducessero i tempi di esposizione.
Producendo immagini speculari, se un oggetto deve comparire a sinistra, in fase di “scatto” lo si deve porre a destra e così via; al problema si ovviò nel 1840 quando Alexandre S. Wolcott introdusse uno specchio concavo che, riflettendo nuovamente l’immagine, la restituisse così come vista dal vivo.
Proprio Daguerre produsse i primi strumenti per realizzare dagherrotipi anche se, in Italia, si cercherà di produrne un modello nostrano.
A metà dell’800, Levitsky, talentuoso fotografo russo, incontra Daguerre e nel 1847 crea una macchina fotografia a soffietto che migliora la messa a fuoco e influenza in maniera prepotente la successiva produzione di apparecchi.
In questi anni vengono introdotte importanti novità: il primo apparecchio stereoscopico con 2 obiettivi, la prima macchina a sviluppo immediato, l’obiettivo grandangolare e l’otturatore a tendina sul piano focale.
Verso la fine del 1800 si introduce la pellicola in rotoli e l’otturatore centrale che può funzionare anche come diaframma mentre, nel 1888 si mette in vendita la prima macchina fotografica Kodak e, 3 anni dopo nasce il primo teleobiettivo.
Da questo momento le macchine fotografiche vengono costantemente migliorate per incontrare i gusti e le necessità di pubblico e professionisti; dapprima compare la prima la fotocamera automaticam poi si aggiunge il telemetro, il flash e, nel 1935 grazie alla Kodak, la prima pellicola a colori.
Nello stesso periodo nascono la prima reflex per pellicola 35 mm e la prima Polaroid; per la prima macchina digitale si dovranno attendere gli anni ’80 (1981) e, per la reflex digitale una decina di anni ancora.
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